Durante l’amministrazione Trump, l’ex senatrice e attuale vicepresidente Kamala Harris è diventata lo sponsor principale della legge MORE, che prende appunto il nome dal “Marijuana Opportunity Reinvestment and Expungement Act”. Questa legge depenalizza la marijuana, eliminando le sanzioni penali per chi produce, distribuisce o possiede marijuana.
Il 4 dicembre 2020, la Camera dei Rappresentanti ha approvato la legge MORE. Il voto è stato alimentato dalle richieste di riforma della giustizia penale dopo gli omicidi da parte della polizia degli afroamericani Breonna Taylor e George Floyd.
Questo voto è stato un momento storico in cui un’intera camera del Congresso ha affrontato la questione della depenalizzazione della cannabis. 222 Democratici e 5 Repubblicani hanno votato a favore, 6 Democratici e 158 Repubblicani hanno votato contro.
Questo disegno di legge include altri cambiamenti:
Durante i primi mesi della pandemia del COVID-19, le imprese relative alla cannabis sono state dichiarate “essenziali” in molti stati e sono potute rimanere aperte per servire i pazienti terapeutici. Alcuni anni fa questo scenario era quasi inimmaginabile quanto la pandemia stessa.
Da quando la California ha legalizzato la marijuana medica nel 1996, l’hanno seguita decine di stati. Ciò ha creato non poca confusione quando si è trattato di tassare e trasportare la droga e ha vinto la legge federale. Il MORE Act allevierà queste difficoltà. Permetterà anche ai veterani di ottenere prescrizioni di cannabis terapeutica dai medici del Veteran Affair.
Anche la ricerca sulla marijuana terapeutica sarà alimentata da questa legge. Inoltre, durante la stessa settimana del voto, la Commissione delle Nazioni Unite sugli stupefacenti ha rimosso la cannabis dalla sua lista di droghe pericolose. Ciò potrebbe accelerare la ricerca globale sulla cannabis terapeutica e sugli sforzi della legalizzazione.
Bene, ora è il momento del sollievo migliorativo retroattivo. Si tratta di un processo di legge che viene cambiato a beneficio dei trasgressori, infatti si applica retroattivamente ai trasgressori passati. Gli arresti e le condanne per possesso di marijuana comportano conseguenze collaterali permanenti. Chi è stato accusato non può, ad esempio, chiedere prestiti, fare domanda per carte di credito, lavori o benefici pubblici federali come l’alloggio e i diritti dei genitori che vengono spogliati nelle battaglie per la custodia.
La reintegrazione nella società è praticamente impossibile, quando il 52% degli americani ha provato l’erba ad un certo punto della loro vita. Così un cittadino americano su due potrebbe essere beccato nel posto sbagliato, nel momento sbagliato e subire delle conseguenze tragiche negli stati in cui la marijuana non rappresenta neanche più un reato.
La guerra alla droga di Nixon ha causato più di 40 milioni di arresti contribuendo a fare degli Stati Uniti il paese con il più alto tasso di incarcerazione del mondo. Anche se solo il 13,4% dei cittadini statunitensi è afroamericano, il fatto è che il 37,6% della popolazione carceraria totale è afroamericana. I neri ricevono condanne per droga più lunghe del 19%, mentre i latini hanno 6,5 volte più probabilità di ricevere una condanna federale per possesso di cannabis. Questa è diventata una questione di diritti civili e di giustizia sociale.
Tuttavia, a causa della pandemia del COVID-19, è improbabile che la cannabis sia una priorità per l’amministrazione Biden. Probabilmente ci vorranno mesi prima che qualsiasi proposta legislativa sulla marijuana venga presa in seria considerazione.